top of page

Siria 1997

Siria
Il socialismo arabo ha avuto nel Novecento la sua più riuscita esperienza nella Repubblica Araba di Siria guidata del presidente Hafez al Assad, schierato con i paesi socialisti e capace in patria di promuovere insieme ai diritti sociali, casa, scuola, lavoro, salute, tutela degli anziani, anche una spiccata sensibilità per le piccole attività commerciali e soprattutto un grande rispetto per le religioni, parte dell’identità personale e collettiva delle donne e degli uomini. Sul finire di quel secolo, tra la fine del 1996 e l’inizio del 1997, ho visitato quel paese, Aleppo, oggi distrutta dal bestiale terrorismo, Damasco, Maalula, Saidnaya.
Ricordo il suq di Aleppo, i commercianti che nel primo pomeriggio, guadagnato il necessario, si ritiravano a casa lasciando qualche entrata in più ai colleghi meno fortunati. Ricordo le icone e gli incensi delle chiese di tutte le confessioni cristiane, siro - giacobiti, copti, armeni, greco - cattolici e greco - ortodossi, ricordo lo splendore delle mosche. Ricordo una vita modesta, ma in nessun caso povera e mai persone indigenti nelle strade, una vita tranquilla, sicura, con studentesse e studenti organizzati sul modello dei paesi socialisti. Una società fondata sulla cultura e il rispetto, la pluralità e l’armonia, ricordo a Saidnaya le ragazze musulmane velate e le giovani cristiane dalle chiome al vento e dai pantaloni attillati assieparsi insieme presso l’antica iconostasi del monastero greco-ortodosso dedicato a Maria, uno dei più antichi del mondo, con una croce dalle scritte in arabo all’entrata. Ricordo a Damasco la tomba di Salah e-Din, per noi Saladino, scomparso l’anno prima della nascita di Federico II, immersa nel verde e nel silenzio, ricordo una monumentale testa in marmo di Al Farabi all’entrata del museo della scienza e il soleggiato, ospitale e antichissimo cortile della biblioteca nazionale in cui ho passato un paio di giornate.
Questa bellezza a tratti indicibile, questa armonia, questa serenità, è stata spezzata, più ancora che dallo scorrere del tempo e dai mutamenti che porta con sé, dalla deliberata volontà di piegare una nazione antimperialista ai giochi di potere di un Occidente che vede restringersi il suo margine d’azione ogni giorno di più, costretto a porre fine allo sfruttamento e alla rapina delle materie prime energetiche e alimentari del sud del pianeta nel momento in cui Cina, Russia, Iran e Venezuela offrono l’alternativa per un mondo multipolare fondato su rapporti non di sfruttamento, ma di cooperazione.
La Siria era, sul finire del passato secolo e agli albori del presente, al contempo una nazione che raccontava e rappresentava il socialismo arabo del passato e le nuove forme di solidarietà internazionale del presente. Questo volevano distruggere coloro che proditoriamente hanno aggredito quella nazione. Sette anni di guerra dimostrano tuttavia che la barbarie dei violenti non può essere più forte della volontà di resistenza e di libertà dei siriani.
Il passato non torna e il martoriato presente resterà a lungo come viva cicatrice nella carne del popolo siriano, tuttavia il futuro, che ci auguriamo e auspichiamo di pace, porterà in sé i semi di una tradizione socialista di cui la Siria è stata vivace e plurale espressione. Una ricchezza sociale e culturale che merita di essere ricordata e conosciuta da chiunque ambisca a un futuro di progresso.

 

5 marzo 2018
 

Davide Rossi

Direttore Centro Studi “Anna Seghers” Milan
Direttore ISPEC - Istituto di Storia e Filosofia del Pensiero Contemporaneo della Svizzera Italiana

bottom of page